I Monaci Benedettini, gli Scolopi, i Minimi, la Diocesi, la soppressione e infine i Passionisti.
I religiosi passionisti sono a Moricone ininterrottamente dal 22 giugno del 1839. Prima di loro esisteva una grancìa dei Monaci Benedettini Farfensi. Vennero, poi, gli Scolopi, dal 1610 al 1732, che diedero un assetto architettonico ancora esistente all’antica costruzione, specialmente alla chiesa. Subentrarono i religiosi Minimi si S. Francesco di Paola fino al 1807 quando, abbandonando il convento, esso fu affidato dalla S. Sede alla Curia diocesana Sabina. Gli invasori francesi incamerarono convento e beni e li vendettero nel 1810 (soppressione napoleonica).
Nel periodo della Restaurazione chiesa e convento tornarono alla Curia diocesana Sabina e rimasero abbandonati fino al 1836. Clero e autorità civile chiesero al Cardinal Odescalchi che vi facesse venire i Passionisti dei quali si aveva stima e fiducia, ben conosciuti come zelanti missionari e direttori spirituali.
Dal 1839 in poi i Passionisti si sono dedicati in modo particolare alla cura delle anime nella loro chiesa con la direzione spirituale, l’amministrazione del sacramento della Riconciliazione e dell’Eucarestia e soprattutto con la predicazione e la catechesi. Per vari periodi vi sono stati presenti giovani studenti che si preparavano nello studio e nella vita comune a diventare sacerdoti e missionari. Tra questi il venerabile p. Giovanni Bruni (+ 1905).
Dal 2 Gennaio 1989 al settembre del 1999 è stato sede del noviziato nazionale dei Passionisti italiani. E’ tornato sede del noviziato per la Provincia del Centro-Est (Maria Ss. della Pietà) per un anno, nel 2005-06.
I giovani vi hanno iniziato la vita religiosa in sintonia con l’insegnamento del beato Bernardo che fu maestro dei novizi dal 1865 al 1869, e scrisse per loro diverse opere, la più importante delle quali “I Trattenimenti Spirituali”, è stata più volte stampata.
LA CHIESA DI GESÙ E MARIA ORA SANTUARIO DEL B. BERNARDO
Il prospetto della chiesa di Gesù e Maria a Moricone, a capanna semplice con doppio spiovente, è in muratura intonacata e non presenta altro elemento in rilievo se non l’incorniciatura della porta d’accesso, in marmo e con timpano spezzato sorretto da mensole laterali.
Un finestrone rettangolare si apre nella parte alta con una lieve cornice modanata. L’interno è a unica navata coperta a botte, con tre cappelle laterali per parte e profonda tribuna quadrata, in cui si erge l’altare in marmi policromi con complessa incorniciatura. Un pesante intervento di ridipintura ne ha alterato completamente l’aspetto originario. Come ricorda una lapide murata in controfacciata la chiesa, intitolata al Santissimo Salvatore e alla Vergine Maria, venne consacrata nel 1639 dal vescovo suffraganeo di Sabina Brandimarte Tomasi, dietro le suppliche del ministro Generale degli Scolopi San Giuseppe Calasanzio.
Nell’altare maggiore vennero collocate le reliquie dei santi Gaudenzio, Massimo e Vincenzo. Tuttavia, un più piccolo edificio dedicato al Santissimo Salvatore esisteva già prima della nuova fabbrica seicentesca, risalente sicuramente almeno al secolo XV, dal momento che vi era venerata la tavola del Salvatore oggi conservata nella chiesa parrocchiale.
Quando nel 1619 san Giuseppe Calasanzio ottenne dal Principe Marco Antonio Borghese, nipote di paolo V, e dalla Congregazione delle scuole Pie con lo scopo di istruire gratuitamente i fanciulli, vennero messi a disposizione dei Padri Scolopi l’Ospedale di S. Antonio come sede per le scuole e abitazione dei padri e la chiesa del Salvatore come edificio di culto, entrambi al di fuori della cinta muraria del borgo (la donazione è del 19 ottobre 1620). Molto presto ci si rese conto che l’Ospedale di S. Antonio non era utilizzabile per le cattive condizioni e si iniziò la costruzione di un vero e proprio convento accanto alla chiesa che era stata assegnata.
La vecchia chiesa del Salvatore era in realtà “in stato rovinoso e quasi fatiscente”; gli scolopi provvidero a restaurarla ma anche a ridurla di qualche metro dalla parte dell’entrata e fino al 1639 essa fu decorosamente officiata.
Doveva essere molto antica e probabilmente dipendente dall’Abbazia di Farfa; da una visita apostolica si fa cenno del 1636 eseguita da Cardinale Altieri vi risultano, oltre l’altare maggiore con l’icona del salvatore, due altri altari dedicati rispettivamente alla Pietà e alla Natività, probabilmente decorati con affreschi.
Nella stessa visita si fa cenno alla nuova fabbrica ”a paucis annis constructa…”, ovvero alla chiesa edificata dagli Scolopi. Finché questa non fu consacrata, l’antico edificio continuò ad essere officiato ma subito dopo venne chiuso. Il Calasanzio aveva autorizzato la costruzione della nuova chiesa nel 1631 e la prima pietra venne posta il 19 maggio di quell’anno alla presenza della popolazione e dei principi Borghese.
Tuttavia i lavoro di costruzione procedettero molto a rilento, anche per mancanza di denaro e nel 1636, in occasione della Visita Altieri sopracitata, non era ancora terminata. Essa fu consacrata solennemente il 19 maggio 1639 dal vescovo Brandimarte Tomasi, come risulta dalla lapide ora murata in controfacciata, fatta incidere da Padre Stefano Cherubini degli Angeli, superiore e procuratore generale dell’Ordine; sicuramente essa non era ancora completamente ultimata.
Il Tabernacolo dell’altare maggiore fu infatti posto in opera nel 1641. Nella visita canonica di padre Giuseppe Fedele della Visitazione del 1642 vengono rilevate sei cappelle, dedicate rispettivamente al salvatore, a San Cecilia, a S. Atanasio, a S. Carlo Borromeo, a S. Antonio Abate e a Maria Vergine.
I Padri Scolopi celebrarono nella nuova chiesa fino al 1732; dopo questa data la chiesa e il Convento vennero assegnati dalla diocesi di Sabina ai Padri di S. Francesco di Paola, che vi rimasero fino al 1807. Dal 1839 vi risiedono i Padri passionisti.
Unica testimonianza superstite dell’antico edificio, preesistente ai rifacimenti degli Scolopi, è un frammento di affresco sulla vela di una volta a crociera con la rappresentazione di San Giovanni Evangelista, databile al secolo XVI, situato nel corridoio che porta all’attuale refettorio. In occasione della Beatificazione di Padre Bernardo, nel 1988, è stata realizzata la ristrutturazione dell’edificio che ha eliminato tutti gli altari laterali ed è stata collocata l’urna del beato nella seconda arcata a destra di chi entra.
La ristrutturazione della chiesa e l’allestimento dell’urna è stata curata dall’architetto P. Ottaviano D’Egidio. Nel 2011-2012 si procedette prima al rifacimento del tetto della chiesa e poi alla pavimentazione della stessa, approntata con marmi chiari.
Venne rifatta anche la bussola in legno chiaro e sistemata in modo più razionale ed economico l’illuminazione. L’urna del Beato venne lasciata secondo la disposizione dell’architetto D’Egidio. Negli anni precedenti si era proceduto anche al rifacimento della maschera mortuaria che corrispondesse meglio alle fattezze reali del beato.